Una piacevole chiacchierata con il fumettista Sandro Scascitelli

Una piacevole chiacchierata con il fumettista Sandro Scascitelli
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Dall’11 al 25 agosto la Fonte Bonifacio VIII di Fiuggi ha ospitato la mostra del fumettista Sandro Scascitelli. Un excursus tra i suoi progetti: dai Miti dell’antico Lazio a Bonifacio VIII; dal brigantaggio ottocentesco a Tex.

Abbiamo avuto il piacere di guardare da vicino molti capolavori dell’artista, di ammirarne i particolari e soprattutto di scoprire, proprio insieme a lui, ciò che si cela dietro al lavoro di un fumettista.
“Emozionante è stato scoprire i dettagli dietro la sua arte”, questa è stata la nostra dedica al termine della piacevole chiacchierata!

Sandro Scascitelli è un noto fumettista italiano nato ad Anagni nel 1947. Dopo gli studi presso l’Istituto d’Arte e l’Istituto di Stato per la Cinematografia e Televisione, ha cominciato a lavorare nel campo delle animazioni, iniziando nel 2011 a disegnare per la Sergio Bonelli Editore per il mitico Tex. La sua carriera inizia nel 1974 con il Cartoonstudio di Roma, con fumetti sulla storia di Roma e sulle antiche civiltà mediterranee. Nel 1986 si dedica al volume Viaggio in Alagna con la descrizione dell’oltraggio a Papa Bonifacio VIII e, dal 1988 lavora con la Comic Art per la serie Briganti. Da ricordare è, poi, il lavoro per l’Arnoldo Mondadori Editore – De Agostini per i quali ha disegnato due episodi dei Grandi Miti Greci e le pubblicazioni per Edizioni Iter.

L’intervista

Mostra Sandro Scascitelli

Guardando le sue vignette per Tex, la prima domanda che ci siamo posti è stata: qual è il lavoro che si cela dietro la realizzazione di un numero?
“Con Tex siamo in presenza di un’impresa, una vera e propria industria con una vastissima tiratura. In un primo momento c’è un’idea, non necessariamente di chi poi scriverà la storia. Questa, una volta scritta viene affidata ad uno sceneggiatore, una persona pratica di linguaggio cinematografico, in questo caso di racconto sceneggiato. Per quanto riguarda Tex, il racconto avviene in tre strisce poste una sopra l’altra e in maniera perfettamente orizzontale, proprio come vuole lo standard immodificabile Bonelli. L’intento è non creare confusione tra il pubblico che legge Tex dal lontano 1948. Il linguaggio, infatti, è strettamente garbato e privo di brutte parole.
Per realizzare un solo numero ci vogliono anche due anni, calcolando che ogni edizione standard ha 110 tavole, un disegnatore realizza in media 8 / 10 tavole al mese. Attualmente ci sono una quarantina di persone che disegnano per Tex contemporaneamente.”

Lei lavora ad Anagni? Qual è stato il suo percorso professionale e l’approccio con le nuove tecnologie?
“Si, ho sempre lavorato qui ad Anagni, per il nostro lavoro non serve necessariamente spostarsi, basta fantasia ed un tavolo. Fino al 2001 ho lavorato con il classico pennino, inchiostro di china e foglio di carta. Purtroppo quell’anno a causa di una grave frattura alla gamba ero impossibilitato a sedermi al tavolo da disegno e, dunque, a lavorare alle mie opere. Avevo però un archivio di vecchie e graffiate lastre fotografiche da sistemare, ma non sapevo ancora utilizzare il computer.
Probabilmente senza quell’incidente, non avrei mai conosciuto Photoshop e la tavoletta grafica. Ho iniziato da autodidatta e pian piano ho scoperto la sua utilità, del resto i pennini cominciavano ad essere introvabili e la carta stava diventando carissima. Sulle tavole più impegnative finalmente potevo correggere eventuali errori, senza buttare via tutto e ricominciare da capo. Purtroppo o per fortuna sono sempre stato un perfezionista, non ho mai amato particolarmente utilizzare la “lametta” e grattare sull’inchiostro secco, modificando così i miei disegni.”

Ci racconta qualcosa in merito alle fascinose vignette sui briganti?
“La storia della nostra terra si ripercorre anche in quella del brigantaggio. Per i miei lavori mi sono documentato molto e i miei disegni rispecchiano quella che fondamentalmente era la realtà dell’epoca. A differenza di ciò che si crede, i briganti non erano delinquenti ricchi, bensì povera gente che rubava per necessità. I loro bottini, infatti, finivano nelle mani di chi spesso commissionava gli atti criminosi.”

Elisa Rossi