Girocittà, nell’impegno costante di promuovere le eccellenze locali, ha intervistato per voi Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera dal 1 maggio 2015. Nato e cresciuto a Frosinone, Fontana porta alta la bandiera della Ciociaria nella famosa sede di Via Solferino a Milano.
L’intervista tra racconti di vita e curiosità
Direttore, qual è il rapporto dell’uomo Fontana (prima ancora del giornalista) con il suo territorio d’origine?
Ho lasciato Frosinone subito dopo il liceo. Qui ho vissuto da ragazzo, qui ancora abitano i miei genitori e molti amici. È il luogo del cuore e delle radici. Dalla Ciociaria a Milano ho portato la determinazione, la voglia di realizzare progetti e sogni e credo, senza timori di essere smentito, l’estrema serietà dei ciociari.
Una piccola
curiosità. Durante un evento pubblico, Francesco De Angelis, esponente del
Partito Democratico locale, ha raccontato la propria esperienza come cameriere
stagionale a Fiuggi, citandola come compagno di avventure. Che ricordo ha di
quegli anni?
Sì, a Fiuggi ho lavorato durante le
vacanze estive per tre anni, dal secondo al quarto liceo. Il primo anno come
cameriere, poi come portiere d’albergo. Ho sempre avuto una grande voglia
d’autonomia, anche economica, e Fiuggi con i suoi hotel era un’ottima occasione
oltre che un bel posto dove passare l’estate. Il lavoro, soprattutto come
portiere, mi piaceva molto perché mi permetteva di aver tantissimi rapporti con
i clienti. L’albergo aveva una convenzione con la Rai ed era molto frequentato
dai giornalisti e dai loro familiari. I loro racconti sono stati sicuramente
una delle molle della mia passione per il giornalismo.
E ora veniamo al giornalista Fontana: il suo cursus honorum è un esempio stimolante per i giovani della nostra terra, troppo spesso assuefatti alle barriere fisiche e mentali del microcosmo provinciale.
Agli esordi della sua carriera, il ruolo di corrispondente ANSA dal capoluogo ciociaro. Ha mai pensato di gettare la spugna? Ci racconta le sue difficoltà, sempre che ce ne siano state?
All’inizio tante difficoltà e tanto lavoro precario, sia in provincia di Frosinone che a Roma. Tanti mi dicevano che non ne valeva la pena, che il settore era in difficoltà e raggiungere l’assunzione in un grande giornale era impossibile. Non ho mai pensato neppure un attimo di rinunciare e passare a un altro lavoro. L’opportunità mi è arrivata con l’assunzione alla cronaca dell’Unità a Roma, un giornale molto diverso dal Corriere ma con una grande storia di serietà giornalistica.
Nella veste ancora
più specifica di direttore del Corriere della Sera, ci spiega quali sono le
difficoltà della Ciociaria nell’imporsi con un proprio “marchio”? Insomma, perché
secondo lei, un territorio che potrebbe chiaramente configurarsi come
eccellenza nazionale non riesce a sfruttare appieno le proprie risorse?
Penso che sia un problema simile a
quello di tanti bellissimi territori italiani. Un marchio si afferma se c’è
unità d’azione tra tutti i soggetti coinvolti (pubblici, privati,
associazioni), se si mettono da parte rivalità e localismi. Cultura, cibo,
ambiente e urbanistica dei borghi ciociari sono i punti di forza. Ma per
sfruttarli, oltre la capacità di comunicare modernamente, servono buoni
collegamenti, un’ospitalità d’eccellenza, servizi di accompagnamento ai
visitatori e un ambiente risanato. Forse questo è lo sforzo che la Ciociaria
dovrebbe fare.
Direttore, in un numero del Corriere di qualche anno fa, la sua accusa all’Italia, imputata di avere una “visione arretrata delle donne e della loro vita, dalla famiglia al lavoro”. Le chiedo anzitutto se l’idea possa essere estesa anche alla provincia di Frosinone e in secondo luogo se ad oggi abbia riscontrato traccia di miglioramento.
Credo che le cose stiano cambiando, anche se forse non così rapidamente come sarebbe necessario. Nel mio giornale tantissime donne si sono affermate, il mio vicedirettore vicario è una donna; lo stesso sta accadendo in tanti settori. Non conosco bene la situazione attuale della provincia di Frosinone per affermare se c’è un’arretratezza maggiore o minore rispetto ad altre aree dell’Italia. Sono sicuro però che siamo dentro un processo di trasformazione radicale del rapporto uomo-donna che coinvolgerà tutti e tutte le situazioni.
Veniamo al Frosinone
calcio. È un tifoso del team ciociaro? Ritiene inoltre che la promozione del
Frosinone in serie A abbia influirà sullo sdoganamento della Ciociaria dal
concetto di provincialismo?
Intanto le mie congratulazioni per l’arrivo in serie A del Frosinone Calcio. Sono
un simpatizzante più che un appassionato di una squadra che con i suoi
risultati è lo strumento migliore di promozione della Ciociaria.
Con la sua esperienza
professionale, che idea si è fatto del rapporto fra la libertà d’espressione e
il “potere”? Il suo incarico attuale rappresenta chiaramente tra le massime
aspirazioni per un giornalista. Quali sono i suoi progetti futuri? La politica,
magari?
Un giornalista deve sempre osservare
con distacco, senza partigianeria, il potere, starne alla larga e controllarlo
in nome dei suoi lettori. È difficile riuscirci sempre ma dovrebbe essere così.
Spero di fare il mio lavoro, anche in un ruolo diverso da quello del direttore,
ancora per qualche anno. Mi piace moltissimo e non ho intenzione di cambiarlo
per nulla d’altro. Poi penso anche che i giornalisti, soprattutto del Corriere
che fa dell’indipendenza il suo valore più importante, non dovrebbero passare
alla politica. E’ una mia opinione, libero ciascuno naturalmente di fare ciò
che ritiene più giusto.
Un ritorno a Frosinone, invece, potrebbe rientrare nei suoi programmi futuri?
La provincia mi piace moltissimo, amo le case isolate e in montagna. Non so però se tornerò: i miei figli vivono e lavorano a Milano, qui ho i miei interessi e i miei amici da più di venti anni. Avrò sicuramente più tempo per tornarci tante volte. Nel mio ultimo ritorno sono rimasto affascinato da Veroli: non la ricordavo così bella, anche se è il paese in cui vivevano i miei nonni.
Martina Molinari
(Intervista a Luciano Fontana pubblicata in esclusiva nell’edizione cartacea Girocittà 2018)